Vivo in una cittadina a nord della Scozia che si chiama Crieff, all'interno di un hotel dove lavoro come commis di pasticceria in uno dei diversi ristoranti della struttura, il Meikle. La mia chef si chiama Nikki ed ha 35 anni, e lavoro insieme ad Annake che ne ha 28, e Beth che ne ha 21, e ruotiamo su tre turni: 7-16, 9-18, 12-22. La pasticceria ha due reparti, uno al piano di sotto, dove si fanno tutte le preparazioni, ed uno al piano di sopra, dove prepariamo i dessert al piatto durante il servizio. La cucina è molto grande e ci sono un sacco di ragazzi giovani che lavorano e sono allegri e simpatici. Non posso fare a meno di pensare a casa mia, a ragazzi di vent'anni come loro che però devono fare gli schiavi in cambio di arroganza e quattro lire, in onore dell'insegnamento. La prima sera di servizio Nikki ha messo tutti i piatti in esposizione sul pass, in modo che potessi vederli durante il servizio, ovviamente spiegandomeli prima. Il giorno dopo non è stato necessario dovermi spiegare nulla, perchè era stata abbastanza esaudiente. Ricordo ancora con amarezza la mia ultima esperienza in Italia dove nessuno ha avuto il tempo ne la voglia di spiegarmi nemmeno un piatto di quelli che dovevo fare, dovevo capire rubando ad un collega fulmineo che si prendeva gioco di me lasciandomi sola, salvo poi rinfacciarmi che ancora non avevo imparato. Ricette sbagliate e pezzi di piccola pasticceria trovati rotti in frigo, lamentele sul pass e critiche personali sul mio stato di salute mentale. Qualsiasi tipo di malessere era dipeso dal sesso. Sei triste? E' perchè non hai scopato. Sei felice? Evidentemente ieri sera hai scopato. Sei nervosa? Lo so io di cosa avresti bisogno tu...
Qui vedo ragazzi che camminano da soli e vengono controllati serenamente, eventualmente corretti, ma sanno già cosa è giusto e sbagliato, e lavorano per fare sempre il meglio. Eppure sono giovani e nemmeno geni, solo ragazzi che stanno imparando un mestiere, senza neanche prendersi troppo sul serio. Grazie a quest'esperienza ho capito che in armonia si lavora meglio, che il cibo è più buono ed il servizio scorre serenamente. Ho capito che tutto quel nervosismo non serve a nulla, nemmeno a farti diventare un super eroe della cucina, perchè non dimentichiamoci che alla fine si sta applicando tecnica ad una cosa che facciamo naturalmente per rimanere in vita, mangiare. E se mangiare deve essere un piacere, allora deve esserlo anche cucinare. Sbagliare è contemplato, ma è assurdo negare la possibilità di imparare ad una persona, è ingiusto testare le proprie qualità attraverso la resistenza psicologica, lo dico perchè a perderci è solo chi sottomette, perchè preclude la possibilità di imparare dagli altri, sentendosi superiore a priori. L'umiltà non deve essere praticata solo dall'ultimo arrivato, l'umiltà la dimostra anzi chi nonostante successi e conquiste, accetta e incoraggia il nuovo, sfruttando a suo vantaggio questa risorsa. Ma purtroppo devo constatare che di rozzi ignoranti in giro ce ne sono assai, incentivano atteggiamenti di nonnismo perchè a loro volta li hanno subiti e non hanno avuto l'intelligenza di capire che questo era sbagliato. Gli hanno parlato di umiltà per insegnargli a subire, ma non hanno saputo insegnargliela, di contro però si sfogano sottomettendo in una quantità direttamente proporzionale a quanto hanno subito. In italia ho imparato cos'è la scorrettezza e le cattive maniere, la boria degli chef stellati camuffati da ingenui umili scolaretti, in realtà sciacalli pronti a passare sul cadavere del proprio padre. Funziona tutto solo per conoscenze, e se hai la sfortuna di arrivare in un posto buono, allora devi essere grato a vita, dallo chef al lavapiatti. e non è vero che la vita in cucina è un inferno, dipende solo da come viene impostata e gestita, e qui fa la differenza lo chef.
Cari cheffoni, state calmi e drogatevi di meno, nella vita c'è altro oltre la figa.