lunedì 31 ottobre 2011

Marcos Novak e la Transarchitettura


Nel mio cervello a volte c'è moltissimo spazio, a volte ho la sensazione di averlo occupato tutto. In tal caso tento una riformattazione del disco, rimasterizzo ed archivio le cose ormai stantie, e riesumo ciò che invece avevo dimenticato in qualche polveroso armadio. Ad ogni modo considero il mio spazio interiore, ovviamente non solo finalizzato al mio cervello/archivio; voglio dire che dentro noi abbiamo moltissimo spazio, fatto di pieni e di vuoti, che si rinnova continuamente. Mangiamo ed una parte di questo spazio viene occupato dal cibo, ma poi di nuovo rimasterizziamo la materia trasportandola dove più ci serve, finendo poi con lo svuotare nuovamente questo spazio espellendo ciò che non ci serve più. Leggiamo ed ecco che riempiano ancora dello spazio, metabolizzando poi tutto...processo che provvede da solo allo smaltimento dei rifiuti, anche se talvolta non funziona, come non funziona la nettezza urbana qui al sud. Ad esempio la tv è come la nettezza urbana nel sud italia, produce rifiuti che non si riescono a smaltire.
Una riflessione analoga è compiuta ormai da tempo da Marcos Novak, padre fondatore della transarchitettura, che non va confusa con un palazzo con gonna corta e tacco alto, imparruccato e col rossetto, che non sarebbe per niente male tra l'altro, piuttosto va inteso come trapasso, attraversamento dello schermo fino ad arrivare allo spazio virtuale. Novak è stato il primo a preoccuparsi su come impiegare la purezza di uno spazio incontaminato ed eburneo, spazio che avrebbe poi influenzato i suoni, le architetture, le arti, il modo di comunicare. Di fatti lui è un architetto di successo che ha insegnato nelle migliori università americame a partire dagli anni ottanta. Mi piace molto che sia stato un vero architetto ad interessarsi delle strutture che compongono uno spazio a noi, o perlomeno a me, sconosciuto. Forse è un tipo che rimane rintanato tutto il giorno davanti al computer perchè si è lasciato mortalmente sedurre da quel mondo, chissà. Sono giorni che immagino Novak, forse capita a tutti coloro che osservano una sua opera d'arte. Si si, è anche artista e musicista, perchè non dimentichiamoci che la prima sostanza che occupa lo spazio e che ha occupato lo spazio è stata la materia sonorora. Novak non trascura nemmeno quest'aspetto esplorando l'universo intermediale su più piani, attraverso i livello fondamentali di vita, ovunque essa venga vissuta. Il risultato sono le "architetture liquide" scaturite dallo studio di Novak dello spazio virtuale, che non ha gravità, va quindi paradossalmente definito significativamente al fine di dare struttura e corpo alla materia. Trasformando lo spazio virtuale in spazio fisico, tutto sembra liquido e fluttuante, una fusione tra materiale ed immateriale. Dice lo stesso artista : - " Gaston Bachelard, che all'inizio della sua carriera aveva seguito gli studi di fisica, ha adoperato la fenomenologia per costruire un ponte filosofico tra la scienza dello spazio e la poetica che rende significativi i luoghi."  Lo spazio dunque non ci pone un problema tecnico, ma ci pone un problema poetico.
"Turbolent Topologies" sono una serie di installazioni che ha prodotto l'artista in diverse città, come definizione di spazio attraverso la materia delle architetture invisibili. Dice ancora l'artista : - " Turbolent Topologies analizza il concetto di "turbolenza" sia in termini di condizione che affligge la metropoli globale che di principio formale che governa la costruzione dell'architettura esterna e la nostra psicologia interiore. Si tratta di una serie di lavori che esplorano livelli mescolati e correnti che si sovrappongono, collegamenti nascosti e connessioni improvvise, reti di flusso e stratificazioni agitate: è un tema che esplora le connessioni sorprendenti e spesso invisibili che legano le nostre vite, i nostri edifici, le nostre città.
Credo davvero di non avere altro da dire, dico solo che ho aperto questo blog per sistemare in uno spazio al di fuori del mio cervello delle informazioni che mi piacciono e servono al mio lavoro d'artista, riguardo le connessioni che legano l'individuo all'architettura, che il mezzo con cui l'uomo ha deciso di occupare lo spazio naturale. E così ho conosciuto subito Marcos Novak, che ha dato una bella pettinata a tutte quelle scapigliate riflessioni che avevo fino ad ora compiuto.

http://www.altx.com/int2/marcos.novak.html  qui c'è tutta l'illuminante intervista


2 commenti:

  1. Uscire dallo spazio che su di noi hanno incurvato secoli e secoli è l'atto più bello che si possa compiere
    (Elémire Zolla)

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