martedì 30 settembre 2014

Volge il pensiero

Nell'attimo Che regna tra uno sguardo di rapidi intenti
Nei granelli di polvere Che passano in spiragli di Luce filtrata
E negli angoli di mondo dove un Gatto ha deciso di dormire
Sono tua.
Dove il niente ha trovato il suo limite di vita, giace un pensiero lontano Dalla Mia solitudine, perchè tu esisti.
Non v'é Merito e disciplina nel regime dell'umano, solo lumi fatui e Tanto buio dal quale emergono. Ed è li Che v'è certezza, la sola a sugellare quanto sentito nelle carni, nelle membra, nell'io.
Non c'è limite al perverso nel dilemma dell'amore.
E adesso taccio.


sabato 27 settembre 2014

Onde

Mare a Castelli sovrasta sconfinate distese di cemento e fumo, si mangia le nuvole nere e le persone brutte d'animo.
Quando tutto finisce, non rimane che il solito odore di polvere bagnata.
E le balene piangono, se ne vogliono andare.
A ciascuno il proprio turno per essere Re in una sola ora, quella prima di morire di quel male causato dallo stesso "sè". È il pensiero Che ti uccide, non è la causa dell'effetto.
Strati si susseguono di colori diversi, consistenze morbide si alternano a vetri frantumati, organico in decomposizione, macerie. Cremoso al pistacchio e streuzel.
Luccica la luna prima del nuovo lume, come il tempo misurato da una fessura, quel po' di luce che basta a far capire il volgersi del giorno.
Non resterà che il solo ricordo, un giorno, smarriremo anche quello.
Nell'attesa di capire.



giovedì 18 settembre 2014

Sweet potato

Sono le sei del pomeriggio e smangiucchio con le mani una patata lessa americana,  di quelle arancioni, bevendo caffè dalla french press, uno stile di vita anglosassone in quel di Vasto. L'apice sarebbe stato trovare i bastoncini di pesce.
Tutto questo succede dentro un garage in un quartiere periferico, anche se non è facile definire quanto distante sia la periferia dal resto della città, tutto sembra vicino e lontano qui, come bastasse sapere dove andare.
Tra una sola settimana sarà trascorso un mese da quando vivo in questo posto, un garage in via dei Ciclamini, due vani più servizi, una dirimpettaia strana, classico dei classici, con cui condivido la caldaia, questo significa che, se sto facendo la doccia e per caso a lei serve l'acqua calda me lo fa sapere con un elegantissimo urlo.
Ogni mattina mi alzo alle 4,45, mi servono quarantacinque minuti per attivare metabolismo e cervello, ma non sempre ci riesco.
Sono una stagista nel reparto "torte moderne" in una delle migliori pasticcerie italiane, così pare, così dicono. Tutti sono più bravi di me, più svegli, più intelligenti e più reattivi. In linea di massima la mia presenza serve per lo più per far scaricare le frustrazioni della brigata ed allentare la tensione: un po' come il personaggio di Daniel Pennac che come lavoro fa il caprio espiatorio in un grande centro commerciale. Sono che lui viene pagato.
Nell'angolo che si interseca con la via principale fuori casa mia, c'è una clinica veterinaria, così che ogni giorno trovo diverse specie di animaletti che si lamentano, giocano e si cacano addosso, proprio fuori dalla mia porta. La mia grottesca vita altalena tra il desiderio di morire avvinta dentro le fruste di una mix 60 e la voglia di dimostrare al mondo che sono capace di gestire magistralmente tutta la situazione, se solo la smettessero di vestirmi di insulti celati in consigli su come migliorare le mie qualità intellettive. Il mio turno comincia alle 6 e finisce quando il lavoro è finito. Mangio quando posso, dormo quando fa buio,
Stamattina, sempre scuro fuori, ho trovato impalcature di tubi non colpevoli del fatto, proprio fuori dal mitico garage. Ho sobbalzato. Quando sono tornata al pomeriggio un delirio di trapani e chiassosità da muratori fino ad ora che sono le sei e quaranta ormai.
La patata è finita e avrei bisogno di una doccia ma mi concentro sui lamenti del cane qui affianco e comincio a piangere.
Chissà quale parte del corpo gli staranno estraendo.






lunedì 8 settembre 2014

Prima di essere amato

Le note di un clarinetto si scioglievano nel traffico, camminavo rapido solo per una personale frenesia, ma non dovevo andare da nessuna parte. Nessuno ad aspettarmi, non un appuntamento ne un lavoro, mi davo un tono per far credere fossi impegnato. Chissà perchè pensiamo sempre che gli altri abbiano a che dire su cosa facciamo, dove andiamo, su come conduciamo la nostra vita, ma in fondo è una pratica che compie solo chi non ha nulla da fare. Categoria che subisce a sua volta tale angoscia. Facevo parte di quella fetta di popolazione che non aveva interessi, ne nulla da fare, e camminavo nel traffico cittadino per sentirmene parte, per sentirmi parte del mondo.
Eppure avrei voluto tanto essere impegnato anche io, avere una famiglia, dei figli e un lavoro tranquillo, questo avrei voluto. Qualcuno a cui volere bene che mi volesse bene. 
Di tanto in tanto andavo da mia sorella, poco più piccola di me, anche lei senza marito, ma quantomeno piena di quelli che apparentemente potevano sembrare suoi amici. Un lavoro, due gatti e un cane enorme, giallo biondo. Tutte le volte insisteva affinché mi trasferissi a vivere da lei:-"c'è tantissimo spazio"- diceva, invece c'era un delirio insopportabile ed una puzza di animali che detestavo. Cercavo sempre in incontrarmi nel bar sotto casa sua per evitare la nausea.
Ciò che potevo fare era camminare tutto il giorno, e prediligevo sempre lo stesso percorso. Uscivo di casa giù per il grande Viale della Regina, poi superato il palazzo del prefetto giravo a sinistra, in lontananza vedevo gli alberi e mi veniva sempre l'istinto di andare di là.
Poi sentivo le note del clarinetto. Passavo sempre a scambiare due chiacchiere con il musicista ormai diventato amico mio, avevo invidia anche di lui che, almeno era capace di suonare.
Verso l'ora di pranzo mi sedevo da qualche parte, ma non mangiavo nulla, non mi piaceva mangiare per strada. Quand'era inverno uscivo direttamente quando faceva buio, la luce invernale mi metteva tristezza, e la notte c'erano tutta una serie di posticini squallidi che amavo frequentare in solitudine o magari, in compagnia di un goccetto.
Ero un uomo così prima di essere amato, non mi amavo molto. Cercavo di farmi piacere gli altri ma non mi piacevo e per questo era difficile.
Non mi arrabbiavo mai.
Prima di essere amato credevo non valesse la pena fare nulla, solo camminare nel tentavo di lasciarsi vivere. 

Poi un giorno ho pensato che gli uomini sono belli solo quando parlano d'amore.