domenica 15 dicembre 2013

Polveri Fini

Gli stava sempre attaccata,
per una vita aveva seduto nel divano accanto al suo, ma adesso aveva  improvvisamente deciso di stare nello stesso, malgrado lei non si potesse muovere per via della presa elettrica a cui era collegato il computer. Tutto questo le creava ansia, un'ansia che si capiva ad occhio nudo. Ma lei niente, parlava di continuo e pretendeva attenzione. Mentre l'ansia cresceva.
Tutto il giorno davanti al televisore con un commento appresso all'altro, e di tanto in tanto, qualche urlo al cane, qualche battuta sul suo alito e via così.
Lily sempre a scrivere cose sul suo computer cercando di concentrarsi in tutto questo.
Sfruttava la connessione di qualcuno nel suo palazzo e prendeva solo su quel maledetto divano. Ma prima che così fosse, aveva una di quelle chiavette internet per connettersi ovunque, e veniva disturbata lo stesso, anche chiusa in camera sua. Non ha nemmeno avuto mai la delicatezza di lasciarle suonare il pianoforte quella rara volta in cui si prendeva di coraggio e si sedeva a suonare. Lei li, a parlarle di cose stupide solo per infastidirla, fino a quando Lily le urlava di rabbia e lei si ritirava come la più triste delle vittime di questo universo. E così la solita scena, Lily, si alzava, tre passi tre e scoppiava a piangere lasciandosi cadere sul letto. La madre, la "lei" menzionata fin ora, implorandola ai piedi del letto mentre Lily sempre più isterica le chiedeva di avere quantomeno la delicatezza di rispettare il suo sfogo e lasciarla sola, ma niente. Anche li, doveva essere lei a volere conto e ragione di tutto. Così Lily sbatteva violentemente la madre fuori dalla porta intimandole di non azzardarsi ad entrare, che di li a poco le sarebbe passato e tutto sarebbe tornato alla normalità di sempre, come piaceva a lei, diceva. La madre imperterrita restava fuori dalla porta e, dopo essersi provocata un finto pianto pure lei, le diceva tra un singhiozzo e l'altro che le dispiaceva, di smetterla di piangere. E Lily si diperava, si pentiva, si vergognava ancora di più per tutto questo, per aver ceduto, per non essere stata brava a sopportare e creare la solita discussione senza meta, senza miglioria. Cadeva nel più profondo degli abissi interni a se.
Allora non sopportava più nulla. Qualsiasi forma di occlusione, fisica e mentale le creava una bolla allo stomaco, un'ansia insopportabile. Una persona davanti a lei a piedi per strada, un richiamo fatto da un amico toccandole il braccio, l'inaspettata porta del bagno chiusa, l'interruzione distratta e repentina di un discorso qualunque da lei fatto. Le si riempivano gli occhi di lacrime. Cos'è giusto cos'è sbagliato/ la madre di Francesca/ quant'è bello Connery/ le bombette degli altri e la camera a strisce/ cioccolata in tazza/ io di qui non mi muovo/ la retta della scuola/ le bugie di papà/ la solita prevedibile telefonata/ i giochi mentali/ lasciarsi scivolare le parole addosso.
Una parte di cose dentro le bolle dello stomaco riemergevano a rigurgiti intestinali in testa, luci di notte in orbite occluse dai veli dell'io. Funziona tutto lo stesso, pensava, il corpo va avanti nella sua inarrestabile corsa, poco importava se anima e cuore tossivano polveri fini.




mercoledì 4 dicembre 2013

BOLOGNA

Geograficamente lontana da me quanto mai, non è il freddo, non sono quelle mura che chiudono a braccia conserte il cuore di chi, ignaro, beve e dimentica, sembra solo un ricovero per menti stanche, che altro non hanno se non la necessità di credere nella propria giovinezza.
Non v'è onestà in questo luogo con un piede a nord e l'altro a sud, ma col culo seduto a centro. Troppo piccolo per diventare invisibile, troppo grande per essere qualcuno. Uno spazio la cui memoria sembra essersi conservata solo nel mattone.
Eppure qualcosa m'ha lasciato. 
Reduce da un viaggio attraverso Berlino, Roma e poi Bologna, sono stata a in provincia di Cuneo tutto negli ultimi due mesi, o tre, non ricordo bene. Ma l'ultima volta che ho scritto qualcosa ero a Palermo, in uno stato confusionale di felicità. Sono trascorsi sette giorni di grande densità interiore. L'incontro a stretto contatto con un'amica, la più importante, dopo anni di silenzio, gli anni in cui non hai voglia di ascoltare i consigli di nessuno, dove sbagliare è più importante.
Ma ora che piano riprendo fiato da questa lunga apnea, ho voglia di giudicare con fermezza le cose che per me davvero sono importanti, adesso che, sento piano piano l'ossigeno entrare nel cervello lasciando respirare le immagini e le parole, ho forse la necessità di farlo, di dare ordine a ciò che mi è accaduto e che piano si sta risolvendo. Ho quasi paura a dirlo.
Il lavoro è più lungo ogni giorno di più, un passo avanti e due indietro, aprire ogni singolo poro di pelle a tutto, assorbire, tentando di restituire mediante un processo chimico naturale, ristabilire pertanto i ritmi biologici. La strada non la vedo all'orizzonte, ogni tanto ti scorgo li, seduto nell'angolo che ti guardi le unghie e pensi a come ferirmi, ma ogni giorno mi fai meno paura, anche se, il solo pensiero di dire questa cosa, mi spaventa. Quando sarò in grado di amare, non avrò timore di dire no, perchè non c'è nulla che sarò costretta a sopportare e la mia sincerità non verrà punita. E se davvero c'è qualcosa di importante che non ricordo, vorrà dire che è li che deve restare, che tornerà a galla quando sarò pronta, quando il dolore avrà lasciato il posto alla memoria, calcinata in un tumore freddo e bianco.
Bologna, vertigine a capofitto dentro me stessa, chissà quanto ne sei responsabile tu, con la tua storia e le tue lotte, io mi sto dando fare e non mi fermo, non lo voglio fare mai, nemmeno quando gli altri mi diranno che sono arrivata.




                               A Bologna.

venerdì 30 agosto 2013

Giallo P

La vecchia con le tette poggiate alla ringhiera del balcone respira sigarette dietro sigarette buttando il fumo come fosse da una fessura di gomma, pfu...
Quasi piove da quel cielo giallo delle nove del mattino, si giallastro e tutta la casa buia alle nove.
Mai visto il buio dal giallo.
Adesso piove davvero, P vomita e Sandrino mi guarda con l'occhio di sbieco, da una noce di cocco.
Mucche elefanti e babbo natale.
Impalcature fuoriforma increspano le onde della pioggia che ormai balla al vento facendosi strada dalle nuvolotte miste di grigio. 
Banchi ottici nel cielo.

martedì 27 agosto 2013

Serrate serrande.

Svegliarsi la mattina nelle deformità del sonno, sognare magrezza, magrezza magrezza, come simbolo di povertà, come involucro di tristezza.
Nella solitudine del suo contrabbasso, e di altri pochi, latitanti amici, avrebbe preferito che il suo corpo non cambiasse più vorticosamente di continuo. Come le forme dei suoi strumenti, hanno vita ma non cambiano, voleva questo.
Le sopracciglia all'ingiù, ma niente trucco, ha chiuso con quei pasticci in faccia, non basteranno a farle acquisire sicurezza.
Oggi è un altro giorno distorto, dove non c'è nulla al di fuori dell'oscenità del suo corpo.

lunedì 26 agosto 2013

Lucertole mestruate!

Per carità, io sono una rincoglionità perchè ho lasciato il tuo indirizzo tra i miei contatti, e giustamente, tu povera in deficit di attenzioni, hai dovuto mettere il tuo velenoso accento a questa storia. Ma come al solito, sciocca bambina, hai avuto la malizia di credere che l'abbia potuto fare a posta. Io sono veramente costernata, ma figuriamoci se potrai mai capire, e comunque, il mio gesto è stato evidentemente involontario, mentre mettere "mi piace" su Fragilotto è da coglioni quale sei, o comunque, è l'ennesima richiesta d'attenzione da parte tua. Adesso sei bloccata, segnalata e denunciata.

Vediamo se ti avvicini ancora, stregaccia. LASCIAMI STARE! Figurati cosa mai me ne possa fregare di farti sapere cosa faccio, lasciami stare per dio! Polemiche adolescenziali che piovono a intervalli di tempo ormai regolari, ma nemmeno sentimenti provo per te e per quel ricchione che ancora mi manda messaggi come te...siete uguali.

Amatevi e non mi stonate più la testa! Lucertole mestruate!

lunedì 19 agosto 2013

A kiss is still a kiss

- Vado a fare il bagno con la mia amica Jennifer.
- Ma come Jennifer? E' un ragazzo!
- Lei è Jennifer ed è mia amica! Noi andiamo a fare il bagno.
Jennifer aveva una maglietta rossa, e gli occhiali da superman, un orribile pizzetto demodè ed i denti puliti e dritti, l'unica cosa che le piaceva erano quei denti. Non aveva nulla che fosse uomo la Jenny, pur avendone le sembianze. Si vede che nell'ebbrezza ho carpito quell'essenza che si celava dietro quell'orribile pizzetto che circondava le labbra e tutti i suoi muscoli attorno.
Un bacio cura tutto, ma un bacio è solo un bacio.

You must remember this
A kiss is still a kiss
A sigh is still (just) a sigh
The fundamental things apply
As time goes by

http://www.youtube.com/watch?v=AY62QByUYJQ

sabato 17 agosto 2013

Patina di sabbia.

Notte di mare senza fuochi, molte persone organizzate a bere. Parecchie già sbronze alle 9 di sera.
Bevve.
Sabbia nel naso e nella faccia, musica e cavetti, la sette.
Occhiali e denti che ammiccano.
Una maglietta rossa.
Versi strani, cecità.
Bagno solo fin sotto l'ombelico.
Asciugamano altrui per tre.
C.P.V.
Cadde.
In un posto dove sentiva ma non poteva vedere.

Ricordava solo il suono della ventola, piena di freddo.



sabato 3 agosto 2013

A trash story #1

Quando vivi veramente, il succo delle cose resuscita sulla pelle di chi vuole arrivare all'essenza.

Una sera di marzo Lulu stava facendo la fila per andare in bagno, in una bettola nel mercato della vucciria. Indossava un jeans aderente nero sbiadito, una maglietta dei Sonic Youth, nera, col disegno della copertina del mitico album "GOO", ed una giacca in velluto, spalle strette, a stampa di fiori cupi, dal blu/viola passando per raffinate scale di grigio, mezzo frac con collo stile ottocento, bottoni dorati con interno in perloid marrone. Stivaletti da equitazione neri. Niente trucco, capelli all'altezza delle mascelle, un po' mossi. Successe che un mezzo rozzo la fece ridere; stava chiedendo ad un tipo che usciva dal bagno se avesse bisogno di materiale da fumare, ma quello si era un po' seccato, così il mezzo rozzo intavolò una polemica sul fatto che, comunque ci si trovava in un luogo in cui non c'era tanto da rimanerci male se capitava una cosa del genere. Questa cosa la fece ridere, ed il mezzo rozzo, si avvicinò e si presentò. Indossava un jeans chiaro ed una volgarissima cintura Gucci, che nemmeno Gucci sa di aver fatto, un paio di scarpe Dolce e Gabbana nere con la linguetta rigorosamente a vista, casomai non si vedesse la marca, e credo indossasse un maglioncino di cotone grigio con scollo a V. I capelli lisci castano chiaro, occhi grandi nocciola tendenti al giallo, baffi, e naso importante. Sarà stato alto un metro e settantacinque. Si presentò dicendo di chiamarsi Mathis e questa cosa la divertì ancor di più. Fuori c'era Sandro ad aspettarla con le sue visioni oniriche sulla vita, ed usci per raggiungerlo. Nemmeno si era accorta che Mathis da un angolo della strada la stava fissando, e si avvicinò con un amico più giovane e meno rozzo, ma matto. Dario si chiamava.
Da quella sera non si separarono più, Lulu, Mathis e Dario.


mercoledì 31 luglio 2013

Ma quanto sei cogliona?

Tutta questa smania, questa rabbia per averti rubato un uomo che tu hai lasciato...mah...

...stai tranquilla che è tutto tuo, e che se solo avessi saputo che eri ancora sentimentalmente coivolta, non avrei ceduto alle sue avances. E ancora, se avessi saputo che avrei avuto a che fare con uno anche più coglione di te, non avrei affatto ceduto, anche se, forse non hai compreso la fragilità d'animo che ho in questo momento, ma figurati; sei più impegnata a descrivere le tue finocchierie quotidiane. Non hai nemmeno per un secondo pensato che quel deficiente mi ha usata solo per farti ingelosire, approfiuttando della mia fragilità. Siete proprio fatti l'uno per l'altra.
Ma la tua cattiveria va oltre la mia debolezza, perchè davvero credi che ci sia stata malizia nel mio gesto.
E adesso esci dalla mia vita che sei ridicola, ridicola come una ciliegina sulla torta.

E adesso godi pure ad augurarmi la morte, io francamente credevo avessimo chiuso, ma tu continui a spuntare qua e la, in maniera grottesca, per citare un tuo scritto...che più si addice ai tuoi atteggiamenti.

martedì 23 luglio 2013

Scorre il tempo

Me ne stavo qui, avvinta nella morsa palermitana*, e seduta sul suolo di un balcone, mi pareva che sotto di me scorresse un fiume colmo d'acqua profumata di menta selvatica.
Pensavo che finalmente potevo respirare. Ma non credevo molto ai miei occhi.
Ero pervasa da una tale meraviglia, così complessa, da far fatica davvero a tentar di raccontarla.
E sono rimasta li per un po' di tempo, con le braccia poggiate alla ringhiera del balcone,
a guardar giù lo scorrere dell'acqua. Quell'odore che esalava dai vapori, ed il suono.
Solo acqua e nient'altro.





* (termine da me utilizzato poc'anzi per la prima volta in una lettera indirizzata al mio amico Carmelo Montagno)




sabato 13 luglio 2013

Vocation

Ho un'ora di tempo per dire a me stesso quello che sento
prima di rivederti ancora e perdere lucidità
dimenticarmi dentro una biglia colorata di rosso
fuoco denso in anima che arde per te
e se dentro ogni cosa posso trovarti
non sentirò mai la mancanza del tuo corpo
se nell'alito dello scirocco quel calore porterà con se parte del Tuo
mi farò vestire solo di questo
e non avrò altro che te
come un nodo allo stomaco
quando soffri per amore
per amore della tua vocazione.

How many? Too many.


giovedì 23 maggio 2013

Punti di vista sulla contemporaneità da parte di una donna bellissima. #1

Bibù stava seduta nella sala computer, avrebbe dovuto studiare inglese con una piattaforma online, invece, preferiva vedere il cielo dalle sbarre poste fuori dalle grandi finestre sporche di sabbia. Un altro studente al suo fianco recitava parole in lingua, con un pessimo accento; il tempo separato da sbarre e vociare straniero.
La mattina si era svegliata alle sei e trentotto, causa una telefonata partita per caso dal cellulare di suo padre. Questa cosa, nonstante avesse messo una certa agitazione in un primo momento, non aveva avuto grandi ripercussioni nel resto della giornata. Così Bibù camminando per la strada umida di pioggerella un po' finocchia, non si cura di nulla, è inattaccabile.
Fuori dalle sbarre, pezzi di case si accatastano in un quadro che congela Magritte e Picasso insieme. La luce che gonfia le nuvole di bianco è accecante, e piano piano ogni cosa sembra assumere quel colore, non è davvero bianco.
Bibù esce di casa e va al Todis. Compra un pacco di wafer alla vaniglia, ed una bottiglia da mezzo litro di yogurt da bere. Cammina mangia e beve. -"Che buono!" - pensa.
Bibù non sapeva cosa fosse la noia, tuttavia, la scoglionavano pesantemente i sentimentalismi mistificati, lo stereotipo del diritto sugli altri, e le cacche di piccione che colano dagli impianti di aria condizionata. Non solo questo, ovviamente, ma se si guarda dentro al frattale, ci rientra un po' tutto, inteso come ogni cosa. - "Che palle" - pensa solo al pensiero di aver pensato ciò appena scritto. Nella testa un solo nome che si sussegue, tutto il giorno. Sappi che adesso ti penserò per il resto della settimana, o forse del mese, o dell'anno. Ti penserò intensamente, sappilo. Farò di tutto affinchè il mio cervello ricordi e ricostruisca la tua immagine per come io la desidero, e piano piano distruggerà quella che tu mi hai venduto in un mercato dell pulci. Sappi che il mio pensare graverà sul tuo stomaco come una cetriolo intero a fine pasto. E sappi anche che quando avrò sostituito quello che sono con quello che vorrei essere, non esisterà più nulla di importante per me, solo l'aria che respiro.
E sappi che ti ho già dimenticato.
Puff!
Bibù. Scampata per miracolo ad una puntata di Dawson's Creek

Bibù, immezzo a marionette di cartapesta che recitano la parte di se stessi...Bla Bla Bla...quante chiacchiere che fanno.

 

mercoledì 22 maggio 2013

I pettinati del mercoledì mattina.

L'arsura dopo il diluvio, dopo carestia e morte. Sgomitando nell'attesa della tua venuta, al passaggio della pioggia di cavallette.
Dov'è la fonte di latte e miele?
Ogni volta che il prete recita questa parte mi viene un desiderio di assaggiare questa cosa, fresca e dolcissima, nauseabonda, come piace a me. Credo di avere voglia di provare questa sensazione, mentre il prete parla, ed immaginare questa cascata assurda di un biancore spaventoso, al quale mai nessuno vorrebbe accostarsi a bere. E intanto alle mie spalle una bambina urta la mia sedia, indietreggiando per scattare una foto alla sua famiglia tedesca. Il solito caldo, il solito tea, ne vorrei un altro. E tutte queste rose in vendita per strada, pare che siano per Santa Rita, ma lei non si chiama Rita? Mi piacciano i ranuncoli, e la volgarità delle rose nere
.
I pettinati del mercoledì mattina, devono far vetrina seduti al tavolo di un bar, ma t'accorgi da dove vengono non appena tentano di mettere qualcosa in bocca, che sia acqua o pane, quella grazia falsamente architettata, ecco che crolla come una bricola dalla bocca.

giovedì 2 maggio 2013

Sei troppo sensibile, buona, altruista dolce e cretina.

Il rosario le cadde ai pedi di un letto d'ospedale, si chinò per raccoglierlo e lo bacio'  con un gomito poggiato nella mensola della finestra, guardava fuori con aria trasognante.
Tanto caldo e tremolio di alberi al vento. ti sbagli di grosso se credi non sia stata mai egoista,  ma molto presto ne avrai saggio..


domenica 28 aprile 2013

Still Life

A Palermo fa caldo, anche se sembra estate inoltrata siamo solo in primavera, immagino il mio laboratorio ormai distrutto in macerie di passato; era avvolto da manti verdi, sistemato in una collina da cui potevi vedere il mare. Nel fabbricato anni sessanta di cui erano rimasti solo i pilastri e la soletta, io e Fragile avevamo sollevato due pareti recuperando i mattoni caduti in giro, impastando sabbia e Creta. La parete principale, quella che sporgeva sulla campagna e sul mare, l'avevamo chiusa con una vecchia porta di ferro che abbiamo sistemato su due binari nella cornice della struttura principale. Un' altra piccola porta di ferro invece divideva una porzione di spazio chiuso con il resto del fabbricato ormai in decadenza, con tutte le pignatte della soletta spappolate. Tuttavia io è Fragile avevamo costruito in nostro rifugio all' interno del quale cominciammo ad accumulare tutto ciò che amavamo. Una porzione di spazio era dedicata alla musica, nella parete in fondo, posta al centro, c'era una Hollywood del millenovecentocinquantasei, ricoperta di un piallaccio in resina come perloid verde, ogni domenica io Fragile e Max ci riunivamo per suonare ed ero felice. Io suonavo la batteria, Max sedeva su uno sgabello alto con la seduta in legno che ogni volta regolava  al centimetro. Poggiava sempre la punta della Dr. Martine's destra sul tappeto, invece il piede sinistro era sul cerchio posto in fondo allo sgabello. C'è stato un periodo in cui portava ogni settimana un basso diverso che noi assaggiavamo come fossimo ad una degustazione di vini pregiati. Fragile dal canto suo faceva sfoggio di chitarre, amplificatori, testate, echi, effetti, microfoni cazzi e mazzi tutti d'epoca, rarità sopraffine nell'estetica e nel suono. Tra tutte menziono la testata Binson Echorec 2, ovviamente con valvole credo Telefunken, ma anni cinquanta, da farsi le seghe da adesso fino alla fine del mondo. Max ovviamente non era da meno, con un Marshall Jcm 800, valvole rigorosamente d'epoca fatte ricondizionare in Canada.
Nell'altra porzione di spazio c'era tutto quello che uno scultore sognerebbe d'avere. Negli anni
avevamo acquistato la qualsiasi, da flex al martello pneumatico, compressore, banchi da lavoro, sgorbie raspe, scalpelli, mazze frigoriferi anni cinquanta Fiat, pezzi di cose, spazzature varie, non è possibile fare una lista. Immaginate due banchi antichi in legno di circa tre metri ciascuno. Uno era destinato alla lavorazione del legno, ma noi lo utilizzavamo un po' per tutto, c'era una mola in ferro veramente antica, utilissima ma bella già di suo. Sulla parete invece tenevamo tutti gli arnesi di rapido utilizzo, quindi pinze, cacciavite, forbici...cose.
A dividere i due spazi un divano in velluto anni settanta. Tappeti, tavolini bassi, una collezione di sedie, una?
Poi il terremoto e poi l'incendio, poi la terra si e' squarciata e tutta la collina e' sprofondata dentro raggiungendo un fiume di lava sotterraneo.

Forse sono viva per miracolo.

sabato 27 aprile 2013

Flash# Still# You# Feel

Serpentoni di linee si propagano su binari di treno in movimento. La tua testa rimbalza sul vetro ma non ti svegli, sei come sprofondato in un silenzio d'assenza. Ormai disorientato dentro te stesso ti sei quasi perso e rigioniero del tuo corpo, minacci di uscire.
Esci ogni volta che congeli un immagine
Esci quando sei perso dentro, e dal tuo sguardo nulla può trasparire se non il tuo Aquario, povero di pesci.
Esci quando la tua immagine riflessa in uno specchio d'olio si distorce quando soffi sopra, ma non sono giochi di bimba.

Non ti sto sopravvalutando.




mercoledì 24 aprile 2013

Bombe d'acqua.

Respiro il tuo odore,
la luce di una macchina striscia il muro dalla finestra e mi pizzica il naso.
Respiro quella cosa buona e trattengo il fiato così non può uscire. Di cos'è fatta l'aria di qualcuno?
Posso vedere dentro quello che custudosci gelosamente, non ho bisogno di sapere, ma ti ascolterei a vita, e vorrei morire di silenzio per quanto ti sento.
Avrei dormito li, ma avevo paura di muovermi in quel modo e disturbarti.

Cado sempre dal letto, ma non lo dire a nessuno.

martedì 23 aprile 2013

The journey of my soul in Palermo.

Sai cosa volevo dirti, mi hai chiesto di scriverti in queste settimane di silenzio, ed io non l'ho fatto.
Ieri sera mi sono ubriacata e di nuovo tutta la mia tristezza è emersa come una bolla d'aria dallo stomaco, e di nuovo la trasparenza mi affascina più di prima, l'invisibilità. Sapessi come sto lottando, il problema però è che temo di stare sprofondando nuovamente nella mia stessa menzogna, quella di un sorriso apparentemente caloroso, ma che racchiude in se il desiderio di mascherare ciò che nemmeno io voglio far uscire da me stessa. Da quando ti conosco la mia analisi personale e diventata oltremodo maniacale. Ho capito che più manifesto la mia felicità, più sono triste triste.
Mi sento un morto che cammina, adesso più che mai, ho paura di sconvolgere la vita degli altri con questi miei eccessi emozionali che esplodono addosso alla gente come bombe d'acqua. Adesso finalmente sono circondata da miei coetanei. Sta di fatto però che ho l'impressione di essere troppo, e so che questo mi svuota l'anima, e mi lascia un vuoto dentro che mi fa vedere le cose brutte, ed io non le voglio vedere. Allora, se davvero esiste una strategia per alleviare tutto questo, mi piacerebbe trovarla perchè ogni giorno che passa io sento sempre più il terreno che si sgretola sotto ai miei piedi, e prima o dopo cadrò di nuovo, perchè in fondo, io, non vedo l'ora che accada.

martedì 26 marzo 2013

Take Me Somewhere Nice

Vivo in una casa con quattro ragazzi, provenienti da varie parti del sud italia, differenti per caratteristiche fisiche e mentali. Prima erano cinque, ma adesso Carmelo è andato via, con grande mio rammarico. Avrei voluto odiarlo un po' prima, ma non ci sono riuscita nemmeno quando con la coda dell'orecchio ho sentito il racconto che faceva della sua vendicativa ma sofferta uccisione di una volpe. Come una bambina che ascolta i racconti dei grandi da sotto il tavolo della cucina, avrei voluto che tutto questo continuasse ancora, ma tra poco meno di sei giorni Gesù resusciterà, allora sarà in grado di giudicare gli atti compiuti da tutti noi, insediandosi nelle nostre più recondite debolezze. Questa è sicuramente la frase giusta da dire se vuoi apparire stupidamente interessante, la ricetta per mediocri piccolo borghesi con velleità intellettuali. Gli ingredienti sono sempre gli stessi, ci metti dentro un argomento poco interessante ma con vene animaliste, un pizzico di decadenza ( che dà quella nota di erotismo solletichevole) e poi cristi, madonne, culi e merda.
Se sapessero quanto sono timida. ( Con questo ti compri pure il santo in paradiso).
La scorsa settimana ha chiamato Moussa, adesso Palermo e presto lontano da qui. Ma come faccio a convincere me stessa che tutto questo non è una fuga? Che voglio propagarmi come un'onda sonora attraverso i muri? Tutto quello che incontro resta sempre con me, e mi nutre, e mi manca, e mi distrugge, mi forgia, mi uccide, m'innamora, mi soffoca. Mi sento come i panni dopo la centrifuga.

Portami da qualche parte bella.

http://www.youtube.com/watch?v=luM6oeCM7Yw


venerdì 22 marzo 2013

P-V-P

Pavement in treno verso Palermo, tanto per tenere i piedi per terra. La giornata calda di primavera, l'affascinante tratta che collega la provincia messinese alla punta ovest della Sicilia percorre tutta la costa, così, esci da una buia galleria di San Piero Patti e ti trovi in un bacino di rocciame increspato di mare. Verruche di pietra che affiorano come denti dalle gengive,
sottosopra.

martedì 19 febbraio 2013

ABITARSI / INHABITSELF

Immagino che abitare se stessi corrisponda in qualche modo alla comprensione degli altri, all'accettazione delle cose, non per rassegnazione, ma per onesta consapevolezza e coscienza. Come se per conoscere se stessi, si facesse finta di immedesimarsi nella vita di qualcun'altro, uscire dal proprio corpo mentre dorme ed osservarlo ai piedi del letto e chiedersi, chi è quello? Perchè soffro? Perchè soffre? Non ci allontaniamo mai abbastanza da noi stessi per capire, a volte basta confrontarci con ciò che abbiamo sempre scansato, e temo/credo, sia li la verità. L'ho sempre fatto e nella difficoltà dell'apprenderlo, ho sofferto e soffro. Tutto si espande da un'unica matrice, perciò siamo tutti fatti della medesima sostanza e siamo, nel profondo, tutti uguali, per questo motivo ciò che ci fa arrabbiare, tutto quello che critichiamo, e tutta quell'ansia che non ci fa respirare come avessimo l'acqua sotto le narici, è inevitabilmente ciò che davvero ci spaventa di noi stessi e ci impedisce di amarci. Caro amico mio, non so dire con esattezza come sto. A primo acchito mi viene da dirti che sto malissimo oggi, che vorrei scomparire e che appena scesa dal letto, ho capito che sarebbe stata una giornata pessima quando ho poggiato il piede sbagliato sul marmo freddo del pavimento. Ma invece ti dico che ho accettato il tuo consiglio, e sto scrivendo dopo tanto tempo, tentando, tra l'altro, di tenere fede al mio personale progetto iniziale legato a questo blog, che altro non era se non la rappresentazione di me stessa attraverso un'altro spazio, fuori dal mio corpo.

Cerco di imparare ad amarmi, perchè non lo so fare.


mercoledì 30 gennaio 2013

Io non sono la madonna.

Vomitare forte dentro un televisore acceso senza coperchio, rimestare parole brutte senza senso, dire sintomi influenzali, febbre.
Tutto quell'orrore che giace in questo luogo, proviene dall'inettitudine con cui devo scontrarmi ogni giorno, con chi ha scambiato la mia gentilezza come fonte salvifica di rinnovamento. Certo.
Venite qui, prendete tutto e non date nulla. Fate dono della vostra inutile carcassa molliccia di cui, scusate, non me ne faccio niente se non numerosi insaccati sotto sale. A volte non vi disturbate nemmeno di far tanta strada, neanche quattro parole di conforto. La pretesa è quella di avere in cambio di un presunto amore che decantate di dare, tutta la mia essenza, in un modo che ancora non ho compreso. Sapete, io non voglio nulla in cambio di nulla, non ho mai voluto nulla in cambio di nulla, ma quando ascolto certe parole, per la prima volta mi sento come sfruttata, come...usata per la felicità altrui. Forse non c'è niente, ma qualcosa in ciò che dici, mi fa male, mi rende infelice, e credo che dimori nel fatto che, a volte esprimi i tuoi sentimenti solo per avidità, senza cuore, senza...non lo so...mi sento inquieta quando sento che stai usando la mia bontà per salvarti.
Se potessi salvarti, davvero, lo farei, ma io non sono la madonna.


L'artista Viola Mondello ritratta durante l'happening "Io non sono la madonna", ovvero, tentativi di rappresentazione della santa attraverso l'ipnosi.

mercoledì 23 gennaio 2013

Io, Laura e i Pretenders

Io, Laura e i Pretenders, in uno squallido locale di provincia con velleità rock. In realtà una scatola fotti giovani per le differenti proposte musicali live settimanali. In verità ci vengo perchè ci lavora un mio amico, Ermenegildo. Ludmilla, la sua ragazza, mi piace molto, uno dei pochi esempi di essere vivente di genere femminile dalla rara intelligenza e simpatia. Perchè credo che i più alti livelli di intelligenza si dimostrino nelle piccole cose, con persone che non conosci. Anche Laura lavora li, all'opposto di Ludmilla, rappresenta tutto ciò che più disapprovo del mondo femmina. Un fare finto cordiale, finto intellettuale, finto fashion, una donna crede di potersi nascondere dietro la sua aria a metà tra business girl e Ameliè. E poi, quando ne ha la possibilità, cerca di fotterti col resto dei soldi. Io me ne accorgo, ma non dico nulla, perchè ad Ermenegildo invece voglio molto bene e mi fa piacere se quell'euro in parte finisce nelle sue tasche, senza contare i litri di alcol offerti da lui negli anni.
Insomma sono qui, da poco le dieci passate, io, Laura e i Pretenders.
A farmi compagnia una pessima birra da Laura consigliatami, 4 euro la piccola...
Relegata in un angolo ricordo di avere questo piccolo blocco trovato a New York passeggiando con Frederich, credo sia di carta fatta a mano. Comunque indispensabile in momenti come questo. Comincia a piacermi. Non la birra, quella è pessima davvero, parlo piuttosto della mia decisione di venire qui da sola, con l'intento unico di bere qualcosa.
Se solo riuscisse a piacermi la mia bevanda, credo che potrei consumarmi qui dentro adesso.
Un tavolo estendibile e farfalle metalliche su un muro, sono cose che succedono.
Ieri, dopo una frase detta senza troppa enfasi, ho smesso di aspettarti e poi ho capito a cosa serve l'intelligenza. Una lotta continua dentro la ragione per non farsi sfruttare mai più.
E' ormai noto il mio disprezzo per i sentimenti umani, perchè ti fottono. Di certo l'intelligenza serve a non farti fregare da essi, che muovono i fili di tutto ciò che quotidianamente costruisci e che rischia di essere distrutto anche solo dal movimento repentino di un ago infilato nel posto sbagliato. Subito non senti nulla, ma fa male dopo giorni. E non lo ritrovi più per anni, fino a quando poi non decide di farsi sentire, e fa male di nuovo.
Io ci provo ad uscire da tutta questa tristezza, ma fino a quando non riuscirò a non farmi più deludere da nulla, sarò sempre intrappolata in tutto questo, e sebbene riconosca lucidamente quello che succede, sono sempre troppo umana per passare oltre. Ciò nonstante, non intenzione alcuna di forzare le cose, ma l'unica cosa che posso fare e che non smetterò mai di compiere, è capire. Ciò mi rende libera nel mio piccolo. Comunque, non mi avevi ingannato, non ti ho mai creduto, ma è sempre bello non cedere ai propri istinti dando almeno una possibilità.
Uno schema di errori contrassegnati con delle "X" a penna determina il tuo punteggio, appena arrivi a dieci il gioco è perso.
tu sei già a sette.

mercoledì 16 gennaio 2013

Gastroscopia

Il televisore sempre acceso, finestre chiuse e luci artificiali gialle. Film americano uno dietro l'altro.
Musiche aggiaccianti.
Dentro l'immagine fissa di un quadro mi perdo, mi assorbe. E' un dipinto fatto da me, reliquia scolastica esposta da mia madre a mo' di trofeo insieme a tutte le altre cose che ho fatto. La stufa alogena accesa per il cane, ma lui non c'è.
Puoi avere quattordicimila euro con una rata mensile da duecentoventidue euro, una pubblicità dietro l'altra a nastro di soldi che parlano.
Qualunque cosa faccia col tuo televisore, il canone, è un imposta obbligatoria legata al suo possesso. L'unico canone che conosco si chiama Ettore vive a Faenza con la signoria Raggi. E poi finalmente Alberto Sordi, come se già non bastasse la mia di tristezza.
C'è un cappello con una foglia in testa, un passero blu. Ma questo è un altro, non sei tu. Mi guarda con sufficienza e si volta. Io ho il vomito e mi giro. Gli vomito addosso. ma penso solo di farlo, non posso perchè non è realmente qui, posso vomitare nella mia testa, ma è già piena di schifo, ci vorrà tempo.

Aprire gli occhi sott'acqua mentre tutto fa finta di tacere con la pressione. Attutito. Un attimo e non senti più nulla davvero, solo il ritmo della terra che sta per assorbirti, e la gioia del tuo cuore che non smette di correre.




martedì 15 gennaio 2013

5 motivi per cui non mi piace parlare con le persone dei miei problemi:

1 - Perchè non voglio vittimizzare me stessa.
2 - Perchè potresti raccontare la peggiore delle situazioni, il tuo interlocutore avrà sempre e comunque attraversato momenti ben peggiori di ciò che è capitato a te.
3 - Tu forse in preda ad un momento di debolezza, credi di ricevere un po' di conforto, ma invece si innesca un tira e molla di chi è più disperato.
4 - Perchè raccontare qualche mio malessere non fa di me una disperata.
5 - Non è mai, dico mai successo che dopo mi sia sentita meglio, anzi.

Quindi, quel raro momento in cui mi lascio andare a ciò, mi ricordo poi sempre perchè non lo faccio mai.

giovedì 10 gennaio 2013

Postilla

Sono sanguinante e scrivo d'inchiostro rosso.
L'uovo dentro si dice rosso sebbene s'avvicini pressocchè al giallo arancio. Poi dipende dall'uovo. Tu cosa credi? Ti insegnano una cosa come una legge universale inirrevocabile, ma poi non devi che renderti conto che si tratta solo di un codice di distinzione, una cosa che hai imparato per riflesso, ma che non corrisponde a verita neppure nella parola. Anche quella è stata mistificata. Le parole una volta contavano più dei fatti, adesso sento solo dire che i fatti contano. Cosa ha fatto lui per te? Cosa rimane oltre le parole?
Io so solo che sono state sempre le parole a dilaniarmi. Quando le ho lette quando le ho ascolate, quando le ho dette. Non c'è mai stata cosa peggiore in vita mia che mi abbia distrutta, resuscitata e glorificata come la "parola". Dico questo per dissentire da tutto ques'inutile vociferare sull'importanza del "fatto", dell'atto da compiere per dimostrare di valere qualcosa.
Io vorrei saper parlare benissimo per creare maggior spazio dentro me, ed insegnare qualcosa al mio spirito che lentamente evapora senza anima.

Riflessi

Sono ferma. Riflessa davanti a me stessa dopo un giorno d'agonia, un giorno in cui ho capito. Ho capito, si ed ogni volta che succede so benissimo che questo, significa ricedere a breve nello stesso punto. Che vomito.

Oggi mia madre mi ha detto che sono cambiata, che una volta ero una ragazza dolce, ma poi un uomo mi ha cambiata, mi ha resa più insicura di quanto già non fossi. Me lo ha detto piangendo davanti ad un piatto di pasta e ceci. Non ho preso mia madre mai tanto sul serio. Ho aperto le orecchie come se per la prima volta qualcuno finalmente mi stesse svelando il grande enigma che fa parte di ogniuno di noi. Aveva ragione ma mai me ne ero accorta. Credevo si di essere cambiata, credevo che fossi solo diventata tristemente grande passando per la porta di servizio, senza farmi vedere da nessuno. Invece stavo tralasciando tutta la parte buona che c'era in me. E dietro quella dolcezza in realtà si nascondeva il mio desiderio di essere amata, e adesso, il solo pensiero di ciò mi fa paura.

Io sono sempre la stessa, sono solo un po' più triste, ma la tristezza passa, come passa la gioia e la noia. Sono stati naturali delle cose, più grande è l'evento, più tempo trascorre. Mi ci vorranno sei lunghi anni per diventare in parte ciò che vorrei essere, ma ciò non esclude che bisogna passare prima dal via.

Questo significa che sto diventando grande?


Il piano

Sono appena le dodici e quarantasei, ed una scintilla ha innescato il processo irreversibile verso il suicidio, quello quotidiano a cui tu mi sottoponi ogni santo giorno. La sensazione oggi è più forte devo dire. Una volta arrivata nel letto non sapevo cosa volevo far prima, se tagliarmi le vene o distruggere il contrabbasso. Tagliuzzare in tanti piccoli pezzi tutti quei vestiti inutili mentre il sangue scende lentamente e tutto si congela. Come si può essere così? Alzarsi la mattina per andare al santuario del tindari, inginocchiarsi cinque minuti e comprare la candela con l'effige della santa. Trascorrere poi il resto della giornata a sparare cazzate davanti al televisore, fumare multifilter rosse. Giustificarsi per qualunque cosa, forti del fatto che è la sfortuna a causare tale successione di cose.
L'unica cosa che voglio fare nella vita io è dimagrire.
Che tutte le mie idee originali se ne vadano a farsi benedire dalla madonna del tindari. La verità è questa, voglio solo morire di fame, ma non posso.
Sentire l'anima solo quando il sangue delle proprie ferite è salito in gola.

E quando tutto sarà finito, non venire a piangere.