domenica 28 aprile 2013

Still Life

A Palermo fa caldo, anche se sembra estate inoltrata siamo solo in primavera, immagino il mio laboratorio ormai distrutto in macerie di passato; era avvolto da manti verdi, sistemato in una collina da cui potevi vedere il mare. Nel fabbricato anni sessanta di cui erano rimasti solo i pilastri e la soletta, io e Fragile avevamo sollevato due pareti recuperando i mattoni caduti in giro, impastando sabbia e Creta. La parete principale, quella che sporgeva sulla campagna e sul mare, l'avevamo chiusa con una vecchia porta di ferro che abbiamo sistemato su due binari nella cornice della struttura principale. Un' altra piccola porta di ferro invece divideva una porzione di spazio chiuso con il resto del fabbricato ormai in decadenza, con tutte le pignatte della soletta spappolate. Tuttavia io è Fragile avevamo costruito in nostro rifugio all' interno del quale cominciammo ad accumulare tutto ciò che amavamo. Una porzione di spazio era dedicata alla musica, nella parete in fondo, posta al centro, c'era una Hollywood del millenovecentocinquantasei, ricoperta di un piallaccio in resina come perloid verde, ogni domenica io Fragile e Max ci riunivamo per suonare ed ero felice. Io suonavo la batteria, Max sedeva su uno sgabello alto con la seduta in legno che ogni volta regolava  al centimetro. Poggiava sempre la punta della Dr. Martine's destra sul tappeto, invece il piede sinistro era sul cerchio posto in fondo allo sgabello. C'è stato un periodo in cui portava ogni settimana un basso diverso che noi assaggiavamo come fossimo ad una degustazione di vini pregiati. Fragile dal canto suo faceva sfoggio di chitarre, amplificatori, testate, echi, effetti, microfoni cazzi e mazzi tutti d'epoca, rarità sopraffine nell'estetica e nel suono. Tra tutte menziono la testata Binson Echorec 2, ovviamente con valvole credo Telefunken, ma anni cinquanta, da farsi le seghe da adesso fino alla fine del mondo. Max ovviamente non era da meno, con un Marshall Jcm 800, valvole rigorosamente d'epoca fatte ricondizionare in Canada.
Nell'altra porzione di spazio c'era tutto quello che uno scultore sognerebbe d'avere. Negli anni
avevamo acquistato la qualsiasi, da flex al martello pneumatico, compressore, banchi da lavoro, sgorbie raspe, scalpelli, mazze frigoriferi anni cinquanta Fiat, pezzi di cose, spazzature varie, non è possibile fare una lista. Immaginate due banchi antichi in legno di circa tre metri ciascuno. Uno era destinato alla lavorazione del legno, ma noi lo utilizzavamo un po' per tutto, c'era una mola in ferro veramente antica, utilissima ma bella già di suo. Sulla parete invece tenevamo tutti gli arnesi di rapido utilizzo, quindi pinze, cacciavite, forbici...cose.
A dividere i due spazi un divano in velluto anni settanta. Tappeti, tavolini bassi, una collezione di sedie, una?
Poi il terremoto e poi l'incendio, poi la terra si e' squarciata e tutta la collina e' sprofondata dentro raggiungendo un fiume di lava sotterraneo.

Forse sono viva per miracolo.

sabato 27 aprile 2013

Flash# Still# You# Feel

Serpentoni di linee si propagano su binari di treno in movimento. La tua testa rimbalza sul vetro ma non ti svegli, sei come sprofondato in un silenzio d'assenza. Ormai disorientato dentro te stesso ti sei quasi perso e rigioniero del tuo corpo, minacci di uscire.
Esci ogni volta che congeli un immagine
Esci quando sei perso dentro, e dal tuo sguardo nulla può trasparire se non il tuo Aquario, povero di pesci.
Esci quando la tua immagine riflessa in uno specchio d'olio si distorce quando soffi sopra, ma non sono giochi di bimba.

Non ti sto sopravvalutando.




mercoledì 24 aprile 2013

Bombe d'acqua.

Respiro il tuo odore,
la luce di una macchina striscia il muro dalla finestra e mi pizzica il naso.
Respiro quella cosa buona e trattengo il fiato così non può uscire. Di cos'è fatta l'aria di qualcuno?
Posso vedere dentro quello che custudosci gelosamente, non ho bisogno di sapere, ma ti ascolterei a vita, e vorrei morire di silenzio per quanto ti sento.
Avrei dormito li, ma avevo paura di muovermi in quel modo e disturbarti.

Cado sempre dal letto, ma non lo dire a nessuno.

martedì 23 aprile 2013

The journey of my soul in Palermo.

Sai cosa volevo dirti, mi hai chiesto di scriverti in queste settimane di silenzio, ed io non l'ho fatto.
Ieri sera mi sono ubriacata e di nuovo tutta la mia tristezza è emersa come una bolla d'aria dallo stomaco, e di nuovo la trasparenza mi affascina più di prima, l'invisibilità. Sapessi come sto lottando, il problema però è che temo di stare sprofondando nuovamente nella mia stessa menzogna, quella di un sorriso apparentemente caloroso, ma che racchiude in se il desiderio di mascherare ciò che nemmeno io voglio far uscire da me stessa. Da quando ti conosco la mia analisi personale e diventata oltremodo maniacale. Ho capito che più manifesto la mia felicità, più sono triste triste.
Mi sento un morto che cammina, adesso più che mai, ho paura di sconvolgere la vita degli altri con questi miei eccessi emozionali che esplodono addosso alla gente come bombe d'acqua. Adesso finalmente sono circondata da miei coetanei. Sta di fatto però che ho l'impressione di essere troppo, e so che questo mi svuota l'anima, e mi lascia un vuoto dentro che mi fa vedere le cose brutte, ed io non le voglio vedere. Allora, se davvero esiste una strategia per alleviare tutto questo, mi piacerebbe trovarla perchè ogni giorno che passa io sento sempre più il terreno che si sgretola sotto ai miei piedi, e prima o dopo cadrò di nuovo, perchè in fondo, io, non vedo l'ora che accada.