mercoledì 22 gennaio 2014

COPERTURE

Otto, nove giorni già. Nemmeno un fiato di scirocco o l' odore di porco. Al mattino però, non si sa da dove, qualcuno suona l'organo.
Ogni tanto, quando ho l'occasione, l'illuminazione, posso dedicarmi a rappresentare ciò che davvero mi interessa della vita, attraverso le connessioni che si intrecciano tra le molteplici discipline che formano la struttura delle cose. La pasticceria ne è un esempio. Essa descrive l'essenza, la base, le fondamenta su cui poggia la struttura di qualsiasi ricetta. Fatta di soli quattro ingredienti, solo con tecnica e maestria che si conquistano nel tempo, puoi fare di questi semplici quattro prodotti milioni di ricette. Io che sono una scultrice, non faccio che ripetermi da quando sono in questa scuola, (perchè mi trovo all'Alma, la scuola di cucina), che voglio entrare dentro l'essenza delle cose, acquisire una tecnica tradizionale, inglobare dentro l'impasto la memoria delle cose, ma con umiltà, semplicità.
Il primo giorno c'è stato intimato di non dimenticare nulla di ciò che compone la nostra divisa e attrezzatura, pena l'esclusione dalla lezione, e questo mi ha fatto ricordare quando nel laboratorio di scultura a 17 anni sono stata cacciata perchè non indossavo le scarpe antinfortunistica. O quando il mastro mi ha lanciato addosso un intero secchio di cemento solo perchè lo avevo riempito troppo, e mi aveva già avvertito. Poi però mi faceva capire voleva restassi a lavorare con lui. Mai un complimento, un consiglio, non potevo fare domande, dovevo capire tutto da me, anzi, intuire. Dopo tre mesi ero come l'infermiera con il chirurgo. Appena attaccavamo a lavorare preparavo l'impastata senza chiedere nulla, ne quantità d'acqua nemmeno quanta sabbia, ormai lo sapevo meccanicamente, sapevo quando l'impasto era pronto dal semplice movimento che faceva e dal rumore della macchina. Poi, sempre in silenzio, passavo mattoni e arnesi in ordine, cercando di intuire cosa servisse in quel determinato momento, al fine di far fare il minimo sforzo al mastro che doveva lavorare di precisione. Ecco, nella pasticceria è lo stesso. Se sei da solo devi fare in modo che la tua postazione sia dotata di tutto il necessario per lavorare bene, la mise en place perfettamente ordinata e pulita e ricordarsi di togliere il superfluo al fine unico di ridurre al minimo lo spreco di tempo, di energie e di materiale. In due invece è diverso perchè, bisogna trovarsi in sintonia e far si che nessuno escluda l'altro, che si lavori nella concentrazione e nel silenzio, e senza desiderio di prevaricare sull'altro, a meno che "l'altro" non sia uno chef. Ma in quel caso, non è un prevaricare, semplicemente, come il mastro di cui sopra, lo chef ha bisogno di una grande concentrazione perchè si occupa di lavori di grande precisione. Stessa cosa nel laboratorio di scultura. Quando vedo un presunto scultore che inizia a lavorare coi ferri buttati a terra, vestiti normali e scarpe di tela...o addirittura infradito, io me ne vado, e di corsa pure. Bisogna avere gli abiti giusti, gli arensi preparati per bene nel posto di lavoro, il materiale sistemato e porzionato da una parte e gli appunti coi bozzetti in tasca. Metro, livella, e via.
Non si può dire lo stesso della pittura, per questo ci tengo a specificare che sono una scultrice, la parte più operaia dell'arte, non mi metto a fare bamboline coi pennelli, non mi è mai interessato, a me interessa il processo digestivo delle cose, la metabolizzazione, come le sostanze si trasformano in energia. Sono una ricercatrice della materia, pertanto sarà difficile aspettarsi da me sgargianti elementi decorativi, odio il decorativismo fine a se stesso, proprio perchè mi piace raccontare l'essenza, quello che c'è sotto lo strato, nascosto da un velo di cioccolato, o di cemento, o di pelle.
Abiti.


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