giovedì 28 giugno 2012

Abbey Findeley, 115 th avenue, New Hampton, MO, 64471, USA

E' qui che mi sono fermata per il momento, al Pequinot palace, non è un palazzo, ma Abbey lo ha chiamato così. La mia macchina fotografica è scarica e qui le prese elettriche hanno un tipo di attacco diverso, dovrò procurarmi un adattatore, altrimenti niente foto, niente telefono, niente di niente.
Per il momento siamo in sette qui, non riesco a ricordare il nome di nessuno a parte Abbey. Sono comunque amici suoi, tutti molto gentili.
Ieri abbiamo fatto il nachos party cucinando tutti insieme tante salse da mettere sopra. Poi abbiamo fatto il gelato con sopra salsa di cioccolato...banane ciliegie...mandorle, cocco...di tutto.
Abbiamo bevuto una cosa che era il succo del cocomero col rum e altre cose profumate.
Verso le dieci stavano per offrirmi la sangria, ma io ero distrutta e sono andata a letto.
Il sole è molto forte qui, il vento è leggermente umido.
La casa si trova in una specie di pianoro che non è esattamente piatto, ma non arriva nemmeno ad essere collinare...io non ho mai visto questo genere di curvosità. C'è solo questo complesso di strutture tutte di Abbey. E' bellissimo qui.
Ieri ho parlato ai ragazzi del mio progetto e sono entusiasti. Spero di prendere il materiale il prima possibile.
Una strana pace mi avvolge, mi sono sentita a disagio in ogni momento qui, ma resisto e vado avanti.
Il mio interesse principale è lavorare, studiare la mappa che devo fare, trovare il ferro che non sarà facile, creare le connessioni tra le parti, adesso ho riposato e voglio cominciare subito. Se non trovo il ferro, inizio con la mappa. Questo lavoro mi appassiona immensamente, mi riempie l'anima ed ho l'impellenza di farlo, e farlo bene...non mi posso divertire se non lavoro, ieri ho fatto finta perchè la mia testa era li.
Sul davanzale di una finestra di legno bianca scorrevole, una di quelle che ho visto solo nei film americani, che si apre dal basso verso l'alto. Quella che aprono tutti per scappare...o quando qualcuno gli lancia il sassolino. Su una finestra così, un gracile gatto grigio si lecca i polpastrelli di una zampetta. C'è vento. Il verde è smorto e acido, diviso a metà dal giallo paglierino. Tu sei geograficamente troppo lontano, ma ogni cosa parla di te e ti vorrei chiamare, nonostante tutto non ti odio come dici tu. Hai fatto di tutto per farti odiare da me, ma non ti odio, ti sto alla larga per liberarmi di te che mi ossessioni, che ti sei infiltrato dentro i capillari e mi sussurri cose, mi dichiari disprezzo e riluttanza ed io li a subire e subire. Ma non ti odio, mentre tu odi me. Sto solo cercando di non subire la tua manipolazione, la tua cattiveria a volte. Sto cercando di pulire il cervello da te da tutto, lo farò cominciando a non scrivere più di te.
Bye bye.



Nessun commento:

Posta un commento